domenica 4 agosto 2013

YLENIA E LA SCELTA CORRETTA DELLE SCARPETTE



Ylenia Ambrosino in una sua variazione coreografica sulla colonna sonora di C'era una volta in America di Ennio Morricone

Oggi possiamo contare sul mercato oltre 25 marche di 

scarpette da punta, che, viste senza un minimo di 

competenza o con superficialità, possono sembrare tutte  

simili tra loro come forma, ma in realtà sono tutte differenti

nella sostanza. Cambia infatti la durezza della soletta, il suo 

taglio, l’altezza della mascherina, la forma del puntale. E 

sono proprio queste le caratteristiche più importanti per 

una giovane danzatrice da tener presente per la scelta delle 

scarpette.


Spesso inoltre si sente dire che un determinato modello è 

consigliato per chi ha “un piede in via di sviluppo e per chi 

ha una buo caviglia”, ma che dipende anche “dalla forza del 

piede”.
Un'affermazione del genere è fuorviante:
La scarpetta non sosterrà una caviglia che non è capace di essere sostenuta in appoggio completo e in mezza punta.

La scarpetta, per come è stata congeniata dal suo introduttore storico, è un “mezzo” e non uno “strumento di tecnica”. Dunque, innanzi tutto bisogna ricordare che tutti hanno un piede con una morfologia propria, chi ha le dita della stessa lunghezza, chi ha l’alluce più lungo, in altre è il secondo dito ad essere più lungo. Questo indica che le dita dovranno “adattarsi” in modo differente al puntale.
Altra caratteristica da valutare è il sostegno della caviglia e del piede nei fondamentali, e quindi la capacità di correggere in ogni fondamentale l’atteggiamento del piede. questo vuol dire buona tecnica, uso del piede e della caviglia corretto nei fondamentali.Da ultimo viene la “dote anatomica” del “collo piede”. Esistono piedi che sono più dotati (più cavi, magari più “forti”), altri invece meno. Tutti e due potranno studiare la punta, ognuno con risultati differenti e tuttavia con possibilità di sviluppare lesioni.

Dire che un piede deve essere forte, non vuol solo dire che esso sia adatto alla punta. Il piede deve essere armonico, la muscolatura flessoria ed estensoria deve essere ben bilanciata, le dita devono essere correttamente tese nel salvapunta e nel puntale. La maestra e l’allieva dovrebbero quindi scegliere insieme la scarpetta da punta in base alla caratteristiche anatomiche del piede e alla tecnica che la maestra stessa usa sulle proprie allieve per lo studio della punta.
Il “collo del piede” si forma per il continuo e costante lavoro muscolare e articolare, non perché una scarpetta ha una soletta morbida o una mascherina alta o bassa. Una punta inadatta concentrerà gli stress meccanici in aree ristrette del piede, generando tendinopatie e sovraccarichi articolari. Il dolore farà usare male il piede e genererà errori tecnici, in un circolo vizioso: scorretto uso del piede, consumo anomalo della scarpetta, difficoltà ad usarla, con conseguenti tendinopatie e sovraccarichi. Si genera quindi una continua ricerca che porterà più di frequente non a correggere l’uso della punta, ma a riferirsi a una scarpetta da punta di altra marca.
Si cerca di cambiare sempre il “mezzo”, che come detto non è “strumento tecnico”, vale a dire strumento per sviluppare il piede. Il piede dovrebbe già essere pronto per la punta, sia da un punto di vista di “predisposizione anatomica”, che da un punto di vista tecnico. La scarpetta potrà migliorare l’estetica del piede sviluppando doti anatomiche e tecniche già presenti, ma se un piede non ha “sostegno della caviglia”, difficilmente diventerà un piede ben “sostenuto” o il suo “collo del piede” molto sviluppato
Un ultimo fattore da considerare è legato all’usura della scarpetta. Essa dovrebbe essere simmetrica, e il puntale dovrebbe essere simmetricamente consumato. La scarpetta dovrebbe presentare usura legata all’uso e non ad errori tecnici, il puntale non dovrebbe essere rotto e permettere di posizionare la scarpetta in equilibrio senza denotare deformità della soletta e del contorno della calzatura.
Una domanda difficile a cui spesso tutte le maestre di danza si trovano a rispondere è proprio questa, vale a dire quale scarpetta da punta consigliare alle proprie allieve.

Per rispondere a questa domanda spesso ci si sente in difficoltà, questo perché la prima risposta che si fornisce alla ballerina è spesso la più semplice, ma in realtà la risposta è articolata e complessa, in quanto presuppone la conoscenza di alcune basi anatomiche, altre di tecnica, altre di esperienza e di “sensazione” che l’allieva stessa dovrebbe sperimentale provando le diverse scarpe da punta in commercio.

sabato 27 luglio 2013

VASLAV FORMIC NIJINSKIJ di Giovanni Gentile

 



 Quello che di Nijinskij mi ha sempre impressionato è la sua completa apparente anarchia. Niente in lui richiama dei canoni eppure lui E' la danza classica, portata all'ennesima potenza.
      Tutto è linea, tutto è punta, tutto è steso e tutto è angolatura perfetta. Eppure guardandolo hai la sensazione di guardare un'altra cosa.
E tutto è interpretazione, espressione mimica, intenzione parossistica messa nel gesto. Nessun movimento è privo di valore, tutti i movimenti hanno un senso e tutti hanno dentro l'interpretazione di un grande attore, oltre che di un danzatore divino.
Nijinskij nasce a Kiev nel 1890 da una coppia di danzatori polacchi emigrati in Russia, ma lui amerà sempre la Polonia e si considererà polacco per tutta la vita, nonostante cambierà nazionalità diverse volte a causa della repressione del regime sovietico e dei continui trasferimenti dovuti ai numerosi ricoveri.
Si iscrive a 10 anni alla SCUOLA DI BALLO IMPERIALE di San Pietroburgo e studia con Cecchetti, Legat e Gerdt.
Sorvolerò in questa sede sia sulla sua articolata vita sessuale e sentimentale, sia sulla sua malattia neurologica che lo porterà a morire a Londra, in una clinica, nel 1950, a soli 60 anni. Non è compito di questo blog approfondire il privato degli artisti, per questo consiglio il bellissimo diario scritto da Nijinskij stesso e pubblicato dalla moglie Romola per Adelphi "Il diario di Nijinsky".
Leggendarie le sue interpretazioni del Le pavillon d'Armide, in Cleopatra e ne La Festa. Enorme successo l'interpretazione del passo a due de "La Bella Addormentata" di Thaikovskji.
Nel 1910 per lui ci fu il trionfo con Giselle e Sheherazade.
Col supporto e l'incoraggiamento di Diaghilev, che ne intuì le doti fin lì inespresse in questo campo, Nijinskij iniziò a lavorare egli stesso come coreografocoreografo e produsse tre balletti, Il Pomeriggio di un fauno (L'après-midi d'un faune), su musica di Claude Debussy (1912), Jeuy (1913) e La sagra della Primavera su musiche di Stravinskij (1913).





Il rapporto con il maestro Stravinskij fu così terrificante da diventare quasi comico. Stravinskij, come me d'altronde, era convinto che un coreografo non potesse non conoscere almeno i rudimenti della musica. Nel suo diario scrive di Nijinskij:




" La sua ignoranza delle più elementari nozioni di musica era palese. Il povero ragazzo non sapeva nè leggere la musica, nè suonare alcuno strumento. Allorchè mi posi a spiegargli nelle linee generali e nei paricolari la costruzione della mia opera, mi accorsi immediatamente che non sarei giunto a nulla prima di averlo iniziato ai rudimenti della musica: valori (semibreve, minima, semimina, croma, ecc), battuta, tempo, ritmo e così di seguito"




La sorella di Nijiskij, danzatrice anch'essa, gli stessi giorni scrive sul suo diario del maestro Stravinskij " Ho un grande rispetto per lui come musicista e siamo amici da anni, ma si perde tantissimo tempo perchè Stravinskij crede di essere il solo a conoscere la musica. Quando lavoriamo mi spiega il valore delle note nere e di quelle bianche come se io non avessi mai studiato musica. Vorrei solo poter ascoltare la musica senza tutte quelle inutili interruzioni e vorrei che lui mi parlasse di più della sua musica, invece di fare un corso di teoria musicale"





Nijinsky era dominato da un’invincibile pulsazione vitale, che tenterà poi disperatamente di trasporre in una visione mistica («Io sono un filosofo che non ragiona – un filosofo che sente»; «Io ho notato che ci sono molti esseri umani che non palpitano»). Accanto a un grande décadent, cosciente e perverso, come Diaghilev, insieme suo impresario, suo stregone e suo amante, Nijinsky rappresentava la natura nel suo intrico oscuro e fascinoso: «A me piacciono i gobbi e gli altri mostri. Io stesso sono un mostro dotato di sentimento e di sensibilità e so danzare come un gobbo».

venerdì 19 luglio 2013

AGOSTO - SPETTACOLI, WORKSHOP E APPUNTAMENTI

Inauguriamo oggi la pagina degli appuntamenti con la danza con una data nella mia terra di una compagnia e di una coreografa che io stimo molto come persona e come artista.

Ogni mese avrà una pagina dedicata interamente agli eventi da voi segnalati su tutto il territorio nazionale, diviso per regioni, che sarà aggiornata, spero, quotidianamente.

PUGLIA

27 Agosto - Andria per il FESTIVAL CASTEL DEI MONDI  ORE 21,00




LA COMPAGNIA ALEPH 
presenta:

ASSENZA

Regia e Coreografia di PAOLA SCOPPETTUOLO


Chiara Manservigi in una scena di "Assenza"





"ASSENZA"
Assenza
“……In quale profondità nasconderò la mia anima
perché non veda la tua assenza
che come un sole terribile, senza occaso,
brilla definitiva e spietata?
 La tua assenza mi circonda
come la corda alla gola
il mare chi sprofonda. “
(Jorge Luis Borges)
Liberamente ispirato ad alcune poesie di Borges, lo spettacolo intende analizzare, nello spazio evocativo della danza, le molteplici sfaccettature proprie della problematica relativa all’uso dello specchio e delle procedure della riflessione così come esse si articolano nell’ambito di quel processo della “pietrificazione” che caratterizza, in modo saliente, il mondo poetico di De Chirico e Magritte.
L'assenza toglie aria e respiro "come la corda alla gola", riempiendo l’anima di pianto, risucchia verso il fondo come” il mare a chi sprofonda “, soffoca come sabbia mobile impedendo il ritorno alla superficie delle cose, paralizza il corpo e lo spinge a compiere rituali apparentemente vuoti ma rassicuranti.



Cristina Napoletano e Diletta Brancatelli in "Assenza"


Un finale sembra,così, già scritto: tuttavia,esiste la possibilità di scegliere di togliersi il cappio, di cambiare traiettoria, di disegnare un percorso nuovo ad ogni passo, di riassemblare i pezzi sino a costruire un nuovo “ puzzle “. L'immobilità propria della Musa può, forse, venire a sciogliersi lungo i passi di una danza in grado di configurare nuove prospettive del pensiero.
 
Per info dettagliate:
Ass. Cult. Sport “La Piroetta “- Compagnia Aleph
V.le L. Da Vinci ,307- 00145 – Roma
Telefax : +39  06 5404663  - +39  3356577569

  websitewww.lapiroettaaleph.it




TOSCANA:

1 Agosto - Volterra (PI) TEATRO FLACCO ore 21,00


LA COMPAGNIA ALEPH 
presenta:

ASSENZA

Regia e Coreografia di PAOLA SCOPPETTUOLO



ampia presentazione e contatti per info nella sezione dedicata alla Puglia


martedì 16 luglio 2013

IL COLLO DEL PIEDE di Ylenia Ambrosino








Il “collo del piede” è una regione anatomica ben definita e, per tutti i ballerini, una importantissima dote artistica. Tanti sono infatti gli esercizi che ogni ballerino esegue per “riscaldare la punta”, “mobilizzare il piede e la caviglia”, per preparare il piede al lavoro in punta e/o in mezza punta.
In linea generale si possono distinguere tre regioni: retropiede, mesopiede e avampiede. Il piede si articola grazie all’articolazione tibio-astragalica, formando la regione anatomica definita caviglia. In questa si distingue un malleolo esterno (peroneale) e uno interno (tibiale). Dietro ai malleoli decorrono i più importanti muscoli per eseguire la punta: il tibiale posteriore, il flessore lungo delle dita e dell’alluce, i peronei lungo e breve. Al calcagno invece si inserisce il robusto tendine d’Achille.








La forma del “collo del piede” dipende dalla capacità di escursione di molte articolazioni tra le quali la più importante è – senza dubbio – la caviglia, ma a cui partecipano anche le numerose articolazioni del mesopiede e dell’avampiede. Il “collo del piede” si forma infatti dalla rotazione dell’astragalo a livello dell’articolazione tibio-astragalica (caviglia) la cui capacità di movimento può però essere limitata dalla presenza di un os trigonum (ossicino accessorio dietro all’astragalo, capace di determinare un vero e proprio blocco meccanico), dal processo di Stieda, da borsite pre-achillea, da processi infiammatori posteriore della caviglia, ecc. Le altre articolazioni che partecipano al movimento per l’acquisizione del gesto tecnico del “collo piede” sono quelle poste davanti all’astragalo e al calcagno che formano la regione del mesopiede e dell’avampiede. Anche le ossa metatarsali e le dita devono partecipare al “collo del piede” e la loro corretta impostazione permetterà di evitare errori tecnici nella demi-pointe ovvero nell’en pointe. 


Osserviamo un “collo del piede” artisticamente e anatomicamente ben strutturato, dove l’escursione di tutte le articolazioni di caviglia e piede permettono di garantire l’assialità di anca-ginocchio-malleoli-testa dei metatarsali.



Risulta quindi chiaro che la capacità di “puntare” dipende innanzi tutto dalla caviglia, ma che per permettere una buona assialità del piede in punta rispetto alla gamba occorra lavorare anche le articolazioni del mesopiede e del piede.

Osserviamo,ora, un piede con buona escursione di caviglia ma dotato di scarsa articolarità a livello del mesopiede e avampiede. Un buon collo piede si struttura in giovane età. Già dalla propedeutica infatti occorre iniziare a lavorare la muscolatura intrinseca ed estrinseca del piede, impostando il piede in appoggio e correggendo gli errori tecnici durante la mezza punta. A partire dai dieci anni, di solito, è possibile richiedere un maggior lavoro del piede e impostare il lavoro sulle punte. Bisognerà prestare attenzione tanto al lavoro di “sbarra a terra”, con esercizi volti a migliorare l’elasticità delle articolazioni e la forza dei muscoli, quanto la stabilità e la propriocezione. Per permettere il miglior lavoro delle articolazioni, infatti, queste devono potersi muovere nella direzione in cui sono progettate per funzionare. Durante lo studio del collo del piede, infatti, è errore (tecnico) non rispettare l’assialità del piede eseguendo quel caratteristico “svirgolo” in direzione esterna del piede rispetto alla gamba. Questo infatti ridurrà l’escursione articolare delle articolazioni del mesopiede e della caviglia e, cosa più importante, determina un sovraccarico dell’alluce e delle articolazioni della parte interna del piede, nonché dei tendini.



Per migliorare il collo del piede occorre innanzi tutto sviluppare un piede stabile e forte, oltre che flessibile (ma non iperflessibile!). Un piede stabile è caratterizzato da muscoli intrinseci forti (i lombricali e gli interossi, ad esempio, tesi a livello dei metatarsali), la muscolatura plantare del piede, i muscoli lunghi (estrinseci) che originano dalla gamba e scendono dietro ai malleoli per poi inserirsi a livello delle diverse ossa del mesopiede e delle dita. Oltre al rinforzo muscolare, è bene eseguire esercizi di propriocezione e correzione dell’asse del piede, ad esempio usando un piano inclinato.

I “bei colli del piede” spesso vengono confusi per caviglie “deboli”, molto “flessibili”. Queste caviglie sono spesso instabili poiché non vi è lavoro dei muscoli intrinseci ed estrinseci e l’avampiede subisce troppo passivamente il carico mettendo a rischio la caviglia e le ossa del mesopiede. Un “buon collo piede” è quello equilibrato, con una caviglia dotata, ma con una muscolatura forte a livello della gamba e del piede stesso. Questo migliorerà anche la forma estetica del piede e ridurrà il rischio di squilibri muscolari e quindi possibilità di trauma.
Riassumendo, quindi, il “collo del piede” è una dote artistica e anatomica che deve essere lavorata in molti anni di studio, evitando di forzare a livello di alcune articolazioni e tralasciando di studiare l’allineamento e la flessibilità di altre regioni del piede. Spesso, inoltre, forzare l’estensione della caviglia comporta la genesi di lesioni a livello posteriore della caviglia e l’infiammazione di alcuni tendini, tra cui il tendine d’Achille, i peronei e i flessori. Discorso diverso invece per la genesi di altre lesioni, come ad esempio le fratture da stress a livello dei metatarsali o delle altre ossa del mesopiede, più spesso secondarie a molte concause tra cui di sicuro la tecnica errata e la “predisposizione anatomica” (scarso “collo piede”, iperestensione di alcune articolazioni del mesopiede, ecc).

1) Il collo piede è una dote artistica e anatomica. Va identificato con la caviglia ma ad esso partecipano anche tutte le articolazioni del mesopiede e le dita.
2) Se rispetti la fisiologia articolare e non commetti errori tecnici, potrai lavorarlo con beneficio.
3) Il collo del piede si lavora a partire dai 6-7 anni di età.
4) La sbarra a terra è utile come lo studio della demi-pointe e dell’en pointe.
5) Mai “in punta” troppo presto! Aspetta almeno fino ai 10-12 anni ma devi aver eliminato tutti gli errori tecnici in demi-pointe!
6) Rinforza tanto la muscolatura intrinseca che quella estrinseca, ricordando che un piede stabile e ben allineato ti espone a minor rischio di traumi.
7) Se forzi una articolazione, questa potrebbe andare incontro a lesioni.


Consigli per migliorare il collo del piede:

1) Il primo esercizio utile da affrontare consiste nel sedervi a terra, gambe tese e schiena dritta. 


Se non riuscite a mantenerla dritta è consigliabile appoggiarsi ad una parete con il bacino allineato al muro. 
Questa piccola accortezza serve a dare un sostegno alla schiena, in modo da farla stare ben dritta durante l'esecuzione degli allenamenti. 
Quindi mettetevi in sesta posizione e cominciate a inclinare e a stendere i piedi. 
Fate questo esercizio per 8 volte, dapprima con il piede destro e successivamente con quello sinistro.
2) Per poter potenziare questo allenamento, è consigliabile utilizzare le cosiddette fasce elastiche che sono molto utili per lo svolgimento di questo allenamento. 
Consiste nel far passare la fascia sotto la pianta dei piedi tenendo le due estremità con le mani. 
Ma in mancanza potete piegare voi le punte delle dita all'indietro, aiutandovi con le mani.



3) Stando in piedi appoggiatevi con le mani ad una parete in modo da rimanere ben dritti e iniziate a fare i cosiddetti relevés, dapprima in sesta posizione, e poi in prima facendo il seguente conteggio: 1-2 relevés, 3-4 si scende, 5-6 relevés, 7-8 si scende 


Una considerazione da fare consiste nel tenere le ginocchia ben tese sia quando salite, che quando scendete. 
4) Rimanendo in relevé, piegate leggermente le ginocchia e molleggiate spingendo verso l'esterno sia le caviglie che il collo del piede; 
Attenzione al bacino a non metterlo all'indietro, ma cercate di rimanere in asse. 
Questo esercizio lo si può eseguire anche in prima posizione con la stessa procedura della sesta posizione. 
Quindi alternate, 4 volte in prima e 4 volte in sesta.
5)State sempre in piedi prima in sesta posizione e poi in prima, ripetendo 4 volte dapprima con il piede destro e successivamente con il piede sinistro altre 4 volte: 
1 mezza punta, 2 punta, 3 mezza punta, 4 giù. 
Potete appoggiarvi anche ad una parete in modo da rimanere ben dritti.





Infine, possiamo ricorrere all'utilizzo di macchinari studiati appositamente a cui accennerò in uno dei prossimi articoli.
Se qualcuno di voi avesse domande, precisazioni da fare, commenti, può inviare tutto al nostro indirizzo mail compagniateatroprisma@yahoo.it.
Spero di leggere presto tantissime cose e mi auguro, anche questa volta, di essere stata esaustiva e di aver dato delle idee a chi mi ha letta. In bocca al lupo a tutti !!
Ylenia

sabato 13 luglio 2013

MARY WIGMAN di Giovanni Gentile



In un' intervista radiofonica qualche tempo fa mi chiesero come mai la Germania degli anni '30 e '40 attiri così tanto la mia attenzione e i miei studi correlati, tanto addirittura da tentare di organizzare una rassegna teatrale e di danza relativa a quegli anni dal titolo Degenerate Art. E come mai io mi interessi così tanto, per quanto riguarda le mie ricerche e i miei studi sulla danza, ad artisti che sembrano venire da un' altra era geologica. Scrivo qui quello che dissi al giornalista durante l'intervista. Semplicemente perchè non si può capire cosa sta avvenendo oggi in Europa (e in misura minore negli Stati Uniti, dove hanno avuto un'altra storia e un altro approccio) nel mondo della danza contemporanea e moderna, se non riusciamo a ricollegare i fili e le connessioni con quel passato. Quello che questi artisti hanno detto o hanno tentato di fare in quegli anni altro non è che quello che, dopo decenni di soporifere e nefaste chiusure al mondo e alle altre arti che la danza ha subìto da parte di coreografi e maestri arroganti e chiusi nel loro mondo inutile, ha provato a sperimentare Pina Bausch prima e poi tutta la nuova generazione di coreografi e registi di danza illuminati. Cioè semplicemente "aprirsi al mondo", alle sinergie e alle collaborazioni ma soprattutto alle emozioni. La danza contemporanea europea (in Italia come al solito siamo in ritardo perenne e decennale) nell'ultimo decennio sta finalmente uscendo dal guscio nel quale l'avevano e si era rinchiusa. Finalmente il danzatore inizia a non essere più un esecutore piatto di movimenti tecnicamente perfetti, ma un attore (colui che agisce) che comunica tensioni ed emozioni, arrivando a colpire  almeno 4 dei cinque sensi di cui è dotato anche lo spettatore più distratto. ( Mi sto attirando in questo momento le ira funeste di migliaia di ballerini e di coreografi, ma ne sono orgoglioso). Come dico sempre io, e se siamo arrivati all'autocitazione vuol dire che inizio ad essere messo male,  la danza è l'arte più multisensoriale che esista.
In questo blog abbiamo iniziato  da Kurt Jooss, perchè personalmente penso che il suo "Il Tavolo Verde" sia assolutamente un capolavoro senza tempo. Oggi puntiamo lo zoom su Mary Wigman.

MARY WIGMAN

Mary Wigman in "Danza delle streghe"


Nasce ad Hannover nel 1886. A 26 anni, dopo quasi due decenni di studi accademici incrocia la sua strada con Laban, maestro e collaboratore anche di Jooss, e abbraccia in toto la filosofia di Laban e il suo approccio con la danza. Un approccio mistico e la ricerca di una spiritualità che fosse anche irruente, corporea, materiale. A Monaco, in quegli anni, Mary frequenta i maggiori esponenti dell'espressionismo pittorico tedesco, e da questi incontri e amicizie la sua danza rimarrà segnata fino alla sua morte nel 1973.
Il più celebre spettacolo di quegli anni fu, senza ombra di dubbio, la seconda parte de "La danza della strega" (Hexentanz II) interamente realizzato a terra. Movimenti bruschi, caricati di una gestualità interrotta, spezzata, simbolismi drammatici. La Wigman si interessa di mitologia extra europea, di danza tribale africana e di maschere ancestrali. Ricerca una danza assoluta, corale, un linguaggio universale e primordiale dove si supera l'io imperante della danza classica accademica e dei danzatori classici. Decisiva la scelta di accompagnare le sue coreografie solo con strumenti a percussione per svariati anni. Non tutti sanno che la Wigman è colei che ha ispirato in seguito tutto il lavoro di creazione del metodo Graham (la Graham assistette ad uno spettacolo della Wigman nel 1957 a Berlino restandone folgorata). Da un punto di vista tecnico il lavoro del performer si concentra sul metodo respiratorio anspannung (tensione) e abspannung (distensione). Attraverso questa tecnica respiratoria l'energia vitale del ballerino si propaga nei muscoli attraverso il corpo muovendo le articolazioni. Lo stile o la tecnica Wigman si diffuse rapidamente anche oltre oceano influenzando notevolmente anche il percorso di ricerca di Alwin Nikolais. Nel Luglio del 1933 (!!!!) in un articolo intitolato "Il danzatore e il teatro" scrive tra le altre cose: 


- Sarebbe spiacevole se il teatro non traesse vantaggio dalle energie messe a disposizione dai giovani danzatori. Sarebbe spiacevole sia per il teatro che per la danza. Il giovane materiale danzante non solo potrebbe contribuire all'arricchimento delle possibilità creative del teatro, ma potrebbe mettere tutte le sue energie al servizio della totalità dell'opera. 

- Il corpo ha molto più significato per un giovane danzatore di oggi di quanto non ne avesse per tutte le generazioni passate. Egli considera il suo corpo come esistenza fisica e lo vive in tutte le sue espressioni ritmicamente determinate. Questa generazione, dunque, capisce immediatamente e senza traduzioni intellettuali anche la danza che è uscita dalla sua epoca e il danzatore che parla questo linguaggio.

- Il concetto di corale ha per noi un nuovo e più profondo significato. E questo è l'ambito in cui le opere si sviluppano a partire dai concetti di movimento e di coro parlato, per il quale il giovane danzatore dispone dei requisiti essenziali. Il contributo vitale che egli ha da dare a questo compito grandioso ed impegnativo, consiste nella sua capacità espressiva e nella sua disponibilità ad integrarsi. La nostra fede nel teatro è imperturbabile. Il futuro deciderà se il nostro desiderio e la nostra volontà sono in grado di riportare il destino dell'uomo ad un teatro che le generazioni successive possano risentire e rivivere come "culturale" in un nuovo significato.

Chiudo questo post su Mary Wigman con una profonda tristezza nel cuore. Si è perso quasi un secolo. La danza, a parte casi, come dicevo all'inizio del post, di coreografi illuminati, si è sempre più andata arroccando in una inutile torre d'avorio. "Ballo per i ballerini" invece di "Ballo per te sconosciuto amico mio" è diventata la parola d'ordine degli ultimi decenni soprattutto in Italia. Il muro tra la danza e il pubblico è diventato sempre più alto e sempre più spesso e il fossato che separa il teatro dalla danza (attenzione, non parlo di teatro-danza) è diventato sempre più profondo. La danza, così come il teatro, ha bisogno di una profonda rivoluzione culturale, che parta proprio dalle piccole scuole, dagli insegnanti che nessuno loderà mai o riconoscerà mai sui giornali, ma chiedere loro questo forse  è chiedere troppo. 

giovedì 11 luglio 2013

IL GINOCCHIO: TRAUMI E POSTURE di YLENIA AMBROSINO

      
       Sono arrivate due mail nei giorni scorsi chiedendo di trattare i problemi che un danzatore può avere utilizzando in maniera non proprio corretta le proprie ginocchia. Ylenia Ambrosino introdurrà l'argomento, sperando di sviluppare una discussione che possa portare frutti e aiuto a molti, e alle due ragazze che ci hanno scritto.
Lascio la parola ad Ylenia, che mi sembra la persona giusta con cui parlare.

  
      Il ginocchio è un' articolazione dell'arto inferiore che può essere soggetta a svariati infortuni in chi pratica la danza nelle sue svariate forme, sia a livello amatoriale che professionistico.

      Prima di entrare più nel dettaglio, è bene ricordare alcuni concetti di anatomia. Il ginocchio è una articolazione relativamente semplice, costituita da tre capi articolari: il piatto tibiale, i condili femorali e la rotula. Tra i condili femorali e i piatti tibiali sono frapposti i menischi. Essi hanno forma semilunare se visti dall’alto, mentre in sezione, hanno forma pressoché triangolare, con base esterna e apice interno.

      I menischi sono due per ginocchio, mediale o interno, laterale o esterno, e hanno molteplici funzioni: 1) aumentano la congruenza articolare tra condilo femorale e tibia; 2) aumentano la superficie di scarico delle forze; 3) ammortizzano le forze; 4) stabilizzano il ginocchio; 4) nutrono la cartilagine articolare. 
Tra i condili femorali e la tibia sono tesi i due legamenti crociati (anteriore e posteriore), mentre esternamente al ginocchio, uno per ciascun lato, si trovano i legamenti collaterali (interno ed esterno). 


Infortuni

     E possibile definire i traumi "in acuti", come lesioni del menisco, lesioni di legamenti e lesioni di tendini, e cronici da overuse (superlavoro) come tendiniti, borsiti, fratture da stress, patologie cartilaginee, etc.
     Le cause degli infortuni al ginocchio si possono distinguere in estrinseche cioè coreografia e intrinseche originate dalla forma delle superficie articolari, assi meccanici, tipo di appoggio del piede, differenza di lunghezza degli arti inferiori,tecnica errata.etc.
    

     Nella danza classica le cause principali di traumi sono due:
un'errata tecnica e un superlavoro o overuse.
     Nel contemporaneo,modern-jazz o hip-hop, invece, spesso le lesioni sono dovute al tipo di coreografia come salti particolari, rotolamenti, prese, parte acrobatica e al tipo di gesto tecnico, alla velocità velocità e alla forza esplosiva,
     Nel classico si possono riconoscere due problematiche importanti che predispongono a lesioni a carico dei menischi, dei legamenti e/o dei tendini: lo screwing del ginocchio e il rolling in della caviglia. 
     Lo screwing consiste nella forzata rotazione della tibia rispetto al femore praticata da quei danzatori con scarso en dehors femorale o per un errore compiuto nella ricerca di aumentare il proprio grado di rotazione esterna del piede. L’eccessiva torsione genera un sovraccarico del compartimento interno del ginocchio e del piede, quindi un mancato allineamento meccanico tra tibia e femore, con ripercussioni anche a carico di bacino, cerniera lombosacrale e quindi aplomb di tutto il ballerino. 

     Il rolling in invece è il mancato “sostegno” della volta interna del piede, con conseguente “stiramento” delle strutture capsulari, legamentose e tendinee della parte interna della caviglia, nonché di conflitto di quelle esterne.


     Alcuni fattori anatomici possono aggravare questi errori tecnici: ginocchio valgo o varo, sindrome pronatoria dei piedi, intra o extratorsione tibiale, antiversione del collo femorale, ginocchio iperesteso .


     I movimenti più a rischio di lesione dei menischi, ovvero dei legamenti collaterali o dei crociati, sono connessi a movimenti di flesso estensione del ginocchio pura o associata a torsione, come avviene atterrando dai salti o nelle posizioni più “aperte” come la quarta e la quinta posizione accademica.

     Risulta chiaro che nella danza contemporanea il “minor rigore” delle posture della danza riduce il rischio di traumi, ma un erroneo atterraggio da un salto, con ginocchio che va in contro a una rapida flesso/rotazione può causare danni molti gravi, spesso multipli, a carico del ginocchio (o della caviglia).
     Tra le patologie da superlavoro del ginocchio va segnalato il cosiddetto “jumper’s knee”, vale a dire ginocchio del saltatore. Questa è una patologia infiammatoria del tendine rotuleo. Nei ballerini si verifica per l’overlavoro/overuse del muscolo quadricipitale, richiesto ad esempio per salti ripetuti, e come concausa può avere la scarsa distensibilità del quadricipite, la scarsa preparazione atletica, il pavimento duro, un palcoscenico eccessivamente in pendenza.

Quanto descritto è ciò che più di frequente accade al “ginocchio del ballerino”. Risulta quindi comprensibile che per ridurre il rischio di infortunio ovvero di lesioni occorra una corretta preparazione atletica e artistica, individuare e correggere gli errori tecnici, migliorare la propriocezione.

COME PROTEGGERE IL GINOCCHIO 



1) Non forzare l’en dehors, ma usare una rotazione fisiologica dell’anca, con la quale si riesce a controllare l’allineamento tra anca-ginocchio e caviglia.
2) Solo quando si è in grado di controllare l’asse anca-ginocchio-caviglia, si può lavorare per incrementare l’ en dehors, sapendo comunque che si sta eccedendo dalle proprie “doti anatomiche” naturali.
3) Doti anatomiche e artistiche richieste dovrebbero coincidere.
4) Non esiste rotazione al di sotto del ginocchio, quindi non forzare l’en dehors ruotando la gamba all’esterno rispetto alla coscia.
5) Sostenere la caviglia! Per non incorrere in traumi a carico della caviglia ma anche del ginocchio, dell’anca e della schiena!
6) Una caviglia ben sostenuta facilita il lavoro delle articolazioni e dei segmenti al di sopra.
7) Rispettare l’anatomia! Se danzi così, danzerai a lungo…se non rispetti il tuo corpo, lui ti darà dei segnali!
Trattamento immediato post traumatico: 
-applicazione di ghiaccio sulla parte dolorante



-chiedere all'insegnante di evitare quei movimenti che provocano dolore, per esempio pliè o grand pliè,o addirittura limitarsi a fare solo sbarra a terra, per ritrovare il corretto assetto corporeo

-ricorrere a qualsiasi tecnica di fisioterapia in grado di dimostrare efficacia nel ridurre il dolore
- farmaci per ricostruire la cartilagine,infiltrazioni di acido ialuronico,artroscopia per effettuare una pulizia all'interno dell'articolazione









     Il ruolo dell' insegnante è importante in quanto questi possono  fare molto se adottano un approccio più fisiologico, ossia se sono in grado di tener conto delle caratteristiche fisiche dell'allievo, anteponendo il rispetto di queste al rispetto della perfezione tecnica.
     È utile sempre eseguire correttamente i fondamentali tecnici, ricercando il giusto assetto dell'arto inferiore,senza forzare l'en-dehors oltre i limiti concessi dall'articolazione dell'anca, unica articolazione responsabile dell'en dehors stesso.






Mi auguro di aver fatto un'introduzione quanto mai completa di un argomento, per noi danzatori importantissimo. Per qualunque domanda scrivetemi all'indirizzo compagniateatroprisma@yahoo.it

Ciao a tutti !! Ylenia