sabato 27 luglio 2013

VASLAV FORMIC NIJINSKIJ di Giovanni Gentile

 



 Quello che di Nijinskij mi ha sempre impressionato è la sua completa apparente anarchia. Niente in lui richiama dei canoni eppure lui E' la danza classica, portata all'ennesima potenza.
      Tutto è linea, tutto è punta, tutto è steso e tutto è angolatura perfetta. Eppure guardandolo hai la sensazione di guardare un'altra cosa.
E tutto è interpretazione, espressione mimica, intenzione parossistica messa nel gesto. Nessun movimento è privo di valore, tutti i movimenti hanno un senso e tutti hanno dentro l'interpretazione di un grande attore, oltre che di un danzatore divino.
Nijinskij nasce a Kiev nel 1890 da una coppia di danzatori polacchi emigrati in Russia, ma lui amerà sempre la Polonia e si considererà polacco per tutta la vita, nonostante cambierà nazionalità diverse volte a causa della repressione del regime sovietico e dei continui trasferimenti dovuti ai numerosi ricoveri.
Si iscrive a 10 anni alla SCUOLA DI BALLO IMPERIALE di San Pietroburgo e studia con Cecchetti, Legat e Gerdt.
Sorvolerò in questa sede sia sulla sua articolata vita sessuale e sentimentale, sia sulla sua malattia neurologica che lo porterà a morire a Londra, in una clinica, nel 1950, a soli 60 anni. Non è compito di questo blog approfondire il privato degli artisti, per questo consiglio il bellissimo diario scritto da Nijinskij stesso e pubblicato dalla moglie Romola per Adelphi "Il diario di Nijinsky".
Leggendarie le sue interpretazioni del Le pavillon d'Armide, in Cleopatra e ne La Festa. Enorme successo l'interpretazione del passo a due de "La Bella Addormentata" di Thaikovskji.
Nel 1910 per lui ci fu il trionfo con Giselle e Sheherazade.
Col supporto e l'incoraggiamento di Diaghilev, che ne intuì le doti fin lì inespresse in questo campo, Nijinskij iniziò a lavorare egli stesso come coreografocoreografo e produsse tre balletti, Il Pomeriggio di un fauno (L'après-midi d'un faune), su musica di Claude Debussy (1912), Jeuy (1913) e La sagra della Primavera su musiche di Stravinskij (1913).





Il rapporto con il maestro Stravinskij fu così terrificante da diventare quasi comico. Stravinskij, come me d'altronde, era convinto che un coreografo non potesse non conoscere almeno i rudimenti della musica. Nel suo diario scrive di Nijinskij:




" La sua ignoranza delle più elementari nozioni di musica era palese. Il povero ragazzo non sapeva nè leggere la musica, nè suonare alcuno strumento. Allorchè mi posi a spiegargli nelle linee generali e nei paricolari la costruzione della mia opera, mi accorsi immediatamente che non sarei giunto a nulla prima di averlo iniziato ai rudimenti della musica: valori (semibreve, minima, semimina, croma, ecc), battuta, tempo, ritmo e così di seguito"




La sorella di Nijiskij, danzatrice anch'essa, gli stessi giorni scrive sul suo diario del maestro Stravinskij " Ho un grande rispetto per lui come musicista e siamo amici da anni, ma si perde tantissimo tempo perchè Stravinskij crede di essere il solo a conoscere la musica. Quando lavoriamo mi spiega il valore delle note nere e di quelle bianche come se io non avessi mai studiato musica. Vorrei solo poter ascoltare la musica senza tutte quelle inutili interruzioni e vorrei che lui mi parlasse di più della sua musica, invece di fare un corso di teoria musicale"





Nijinsky era dominato da un’invincibile pulsazione vitale, che tenterà poi disperatamente di trasporre in una visione mistica («Io sono un filosofo che non ragiona – un filosofo che sente»; «Io ho notato che ci sono molti esseri umani che non palpitano»). Accanto a un grande décadent, cosciente e perverso, come Diaghilev, insieme suo impresario, suo stregone e suo amante, Nijinsky rappresentava la natura nel suo intrico oscuro e fascinoso: «A me piacciono i gobbi e gli altri mostri. Io stesso sono un mostro dotato di sentimento e di sensibilità e so danzare come un gobbo».

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